Come di consuetudine, noi rover e scolte di Morbegno abbiamo vissuto un’esperienza estiva di più giorni di cammino, la Route. Quella di quest’anno ci ha lasciati a dir poco senza fiato: abbiamo scelto il Monte Rosa e le sue straordinarie cime innevate.

 

IMG 1487Siamo partiti con i nostri zaini, tendine, scorte di cibo e tanta adrenalina in corpo da Gressoney nel pomeriggio del 5 agosto scorso. Abbiamo dato inizio alla nuova sfida incamminandoci verso l’ambita meta: il rifugio Margherita. Il percorso è stato suddiviso in più giorni di cammino, in modo da poter guadagnare gradualmente la quota ed assaporare maggiormente le bellezze che la natura ci ha riservato. Passata la prima notte all’Alpe Netscho, appena sopra Gressoney (quota 1840 m s.l.m.), l’indomani ci siamo portati nei pressi del Lago Bleu (quota 2690 m s.l.m.), dove abbiamo sostato. La sosta al Lago Bleu fu molto piacevole. Probabilmente ciò era dovuto allo scenario che ci si prospettava d’innanzi: un lago che si faceva spazio tra le rocce e attorno al quale comparivano di tanto in tanto ciuffi d’erba che si estendevano, in seguito, su di un’ampia distesa. Il tutto accompagnato da una vista diretta sulle cime innevate delle montagne che ci ospitavano. Il giorno seguente ci siamo spostati, non senza qualche fatica, fino al rifugio Gnifetti (quota 3647 m s.l.m.), dove ci attendevano due guide che ci hanno fatto un “corso accelerato” per l’utilizzo dell’attrezzatura necessaria per l’escursione del giorno dopo.

Dopo ormai tre giorni, durante i quali avevamo acquisito tutto sommato un buon allenamento, giunse il giorno più bramato: quello della salita verso la punta Gnifetti e quindi verso il rifugio Margherita. Sveglia alle 4:00, colazione e, una volta indossata l’attrezzatura, eccoci pronti a partire, pronti alla “resa dei conti”. D’altronde eravamo così elettrizzati all’idea di dover raggiungere una così alta quota (i 4556 m s.l.m. del rifugio Margherita) che sarebbe stato impossibile fermarci. Formate le cordate, siamo partiti tutti sincronizzati e attenti a non calpestare la corda! È stata questa un’esperienza significativa, anche come gruppo, per imparare a raggiungere un traguardo tutti insieme, passo dopo passo, camminando al passo di chi fa più fatica ed aiutandoci a vicenda. Dopo una lunga camminata, con qualche sosta, eccoci giunti al traguardo. Gli occhi increduli e pieni di stupore osservavano il baratro celato dalle nuvole che sembravano voler ricamare una coperta. Era innegabilmente un panorama formidabile, capace di lasciare chiunque senza fiato.

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Fatta una breve pausa nel rifugio per riscaldarci e mangiare qualcosa, abbiamo ripreso il cammino per scendere a quota 2800 m s.l.m. circa, dove abbiamo trovato un rifugio di fortuna. Abbiamo riposato le nostre gambe, per poi ripartire alla volta della Val Sesia, dove avremmo trascorso i giorni successivi.

Le camminate furono più brevi, o per lo meno… non così lunghe. Dopo aver sostato di giorno in giorno in posti differenti, a volte in tenda e a volte in rifugio, giungemmo in un posto molto particolare, che consigliamo ad ogni alpinista che ricerchi un po’ di pace, un’occasione per “ricaricare le pile” e vivere nell’armonia con la natura: l’Alpe Sattal, dove ci siamo fermati per due giorni. Il paesaggio ricordava tanto un quadro dipinto.

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È un posto molto curato con una veduta al confine tra una chimera e la realtà. Tutta opera di una sola persona, Giuseppe, che per noi è stato in certi momenti un “maestro di vita”. Lui da solo ha costruito un rifugio, in cui vive e ospita persone, con spirito di condivisione e convivialità.

In questo luogo da favola, abbiamo avuto la possibilità di riscrivere la nostra carta di clan: è il documento che racchiude i nostri obiettivi, i valori condivisi e gli impegni che tutti, all’interno del Clan, si sforzano di rispettare al fine di crescere insieme, sia come singoli, sia come comunità.à, ma anche se qualcuno lo desidera, con modalità Bed & Breakfast. È stata un’esperienza di cui non si riesce a dare l’idea a parole. Per comprendere appieno la bellezza, la tranquillità che ci circondava, bisogna solo visitarlo.

Giunti ormai al termine della nostra bellissima Route, a malincuore salutammo i monti sui quali avevamo viaggiato in quei 10 giorni, non con la speranza, ma con la certezza di tornarci nuovamente.

Buona Strada

Antonio